Matteo Ricci Incontro di civiltà nella Cina dei Ming

 Dal 6 febbraio a Pechino una mostra sulle orme del grande intellettuale marchigiano che creò il primo ponte culturale tra la Cina e l’Occidente

Pechino, Capital Museum, 6 febbraio – 20 marzo 2010

Shanghai, Shanghai Museum, 2 aprile – 23 maggio 2010

Nanchino, Nanjing Museum, 4 giugno – 25 luglio 2010

La Regione Marche, nella logica di realizzare strategie di internazionalizzazione attiva per penetrare il mercato cinese,  ha ideato e promosso il Progetto Padre Matteo Ricci (Macerata 1552 – Pechino 1610), con il quale s’intendono tutte le iniziative promosse dalla Regione Marche, in collaborazione con il Comitato Promotore delle Celebrazioni del IV Centenario della morte di Padre Matteo Ricci, da realizzarsi durante il triennio 2009-2011.

 In questo contesto è stata ideata la mostra Matteo Ricci. Incontro di civiltà nella Cina dei Ming che, per la prima volta in Cina, ricostruisce gli eventi e ripercorre le orme di Matteo Ricci, gesuita marchigiano, eroe della storia culturale del mondo: il primo uomo che stabilì un solido ponte culturale fra Occidente e Cina, aprendo al mondo il grande Paese sul finire della dinastia Ming. 

Promossa e realizzata grazie all’impegno eccezionale della Regione Marche, terra natale di Ricci, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e con il patrocinio del Ministero per gli Affari Esteri e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. La rassegna è curata da Filippo Mignini, direttore dell’Istituto Matteo Ricci per le relazioni con l’Oriente e già responsabile di tre esposizioni su Ricci: Macerata 2003, Roma (Vittoriano) 2005 e Berlino 2005 ed è organizzata nelle tre tappe di Pechino, Shanghai, e Nanchino.

 

Nel IV centenario della morte, l’esposizione documenta il primo significativo incontro tra la civiltà europea e la civiltà cinese ricostruendo il complesso viaggio, fisico, culturale e spirituale, compiuto da Ricci e dai suoi compagni, in collaborazione con un’ampia cerchia di intellettuali cinesi.  La rassegna presenta una selezione di 200 opere, provenienti dalle maggiori Istituzioni museali italiane e cinesi, tra cui capolavori del Rinascimento italiano (Raffaello, Tiziano, Lotto, Barocci) che saranno per la prima volta esposti in Cina accanto a preziosi documenti dell’arte e della cultura dell’impero dei Ming.

  Il nostro intento, in occasione del 400^ anniversario della morte di padre Matteo Ricci – spiega il presidente della Regione Gian Mario Spacca –  è quello di ricordare la forza delle idee,  la  cultura, la ricchezza intellettuale di questo gesuita maceratese che riuscì a fare breccia nella corte imperiale cinese e ricevette l’onore mai concesso prima ad uno straniero, di essere seppellito lì.La sua opera è infatti ancora oggi apprezzata, ricordata e studiata nel Paese che lo accolse, la Cina, mentre è poco conosciuta in Italia. Pochi lo sanno, ma fu proprio lui l’ispiratore, durante la guerra fredda, della ‘diplomazia del ping pong’. Nel 1971 il Segretario di Stato americano Henry Kissinger che aveva approfondito gli studi sull’abilita diplomatica e la

grande conoscenza dei cerimoniali della corte imperiale cinese di Padre Matteo Ricci, fu promotore nell’ambito del 31° Campionato Mondiale di Tennis in corso in Giappone di uno scambio di visite tra giocatori di ping pong di Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese. L'evento costituì un momento di distensione nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti d'America, che aprì la via alla visita del Presidente americano Richard Nixon alla Cina nel 1972.

Questa capacità  – prosegue Spacca – di aprire un dialogo, di creare un confronto con una civiltà così lontana, di integrarsi e di integrare, rappresenta per noi marchigiani un’importante lezione che dobbiamo tenere bene a mente anche oggi per incrementare la nostra capacità di realizzare progetti innovativi nella dimensione globale. Matteo Ricci infatti insieme al proprio bagaglio di studi, in Cina portò anche lo spirito della sua terra natale, le sue peculiarità che percepiva come un valore aggiunto tanto da teorizzare che non esiste ‘vera unità senza differenze’, un principio sacro, che vale in tutte le manifestazioni del vivere quotidiano.  Se quindi, la cultura fu per Matteo Ricci la ricchezza per conquistare buone relazioni e dialogare, non c’è modo migliore di una mostra importante per simboleggiare il suo messaggio e per rendere omaggio a un genio, così come è percepito in Cina e in tutto l’estremo Oriente”. 

Nel momento di massima apertura della Cina sul mondo, la mostra si propone quindi di narrare la grande impresa congiunta di quegli intellettuali europei e cinesi che, all’inizio dell’età moderna, posero le basi di questa apertura, nel duplice segno della conoscenza e dell’amicizia.

 

I due mondi fino ad allora reciprocamente ignari l’uno dell’altro vennero da Ricci messi in contatto e nelle sue opere si riconobbero come le due metà di un intero. L’importanza di questo scambio e la grandezza dell’uomo che ne fu all’origine furono espresse dai cinesi, che pur nutrivano grande diffidenza nei confronti degli stranieri, nel titolo assolutamente inusitato di Xitai, “il maestro dell’estremo Occidente”, conferito a Padre Matteo Ricci.

 

I risultati dell’opera di Ricci in Cina furono di enorme portata: primo fra tutti fu aver conquistato la fiducia del popolo cinese e di averlo reso attento e curioso verso il mondo: in termini di efficacia e durata, un evento dalla portata incalcolabile e tale da giustificare, da solo, la perenne gratitudine della Cina al suo Li Madou (traslitterazione del nome “Ricci Matteo” in cinese).

Per non parlare delle innovazioni scientifico-tecnologiche, filosofiche e religiose, letterarie e artistiche che elevarono Ricci nell’olimpo dei grandi della Cina: l’unico occidentale, insieme a Marco Polo, ricordato a Pechino nel grande monumento agli eroi cinesi del secondo millennio. Tuttavia, mentre Marco Polo ha soltanto fatto conoscere all’Europa il Catai dei Tartari, Matteo Ricci ha compiuto una profonda e duratura comunicazione nelle due direzioni, svelando la Cina all’Europa e trasmettendo documenti fondamentali della civiltà europea alla Cina.

Per dimostrare lo stato avanzato raggiunto dalla tecnologia europea, mostrò nei suoi incontri con i letterati confuciani e le personalità importanti un orologio automatico e la carta geografica del globo. Avendo trovato delle somiglianze tra la cultura filosofica dei mandarini e la filosofia greca, Ricci fece conoscere ai cinesi alcune opere fondamentali del pensiero greco. Tradusse in cinese il Manuale di Epitteto, intitolandolo “Venticinque sentenze" e parafrasandone in senso cristiano molti passi. Nel 1607 Ricci, insieme con il matematico cinese cattolico Xu Guangqi, tradusse i primi sei libri degli Elementi di Euclide in cinese. Inoltre Ricci si dedicò alla realizzazione di un atlante mondiale in cinese, curando personalmente la traduzione dei nomi europei nella lingua locale. Molti dei nomi da lui coniati in ambito geografico, ma anche in altri ambiti come nella tecnologia degli orologi, sono usati tutt'oggi in Cina. Ricci, inoltre, rese per la prima volta disponibili all’Europa conoscenze ed informazioni di prima mano sull’intera civiltà cinese.

 La mostraLa prima parte della rassegna ricostruisce il tessuto culturale e artistico dell’Occidente da cui muove Ricci negli anni del Rinascimento maturo; in mostra, per la prima volta in Cina, dipinti di alcuni fra i maggiori artisti italiani del tempo (tra cui Raffaello, Tiziano, Lorenzo Lotto, Federico Zuccari, Federico Barocci, Giulio Romano, Simone De Magistris) accanto ad altre opere, documenti e

strumenti scientifici che attestano la compiutezza e l’importanza degli innesti di conoscenze ed esperienze della civiltà europea in Cina: libri e manoscritti, tra cui l’Astronomicum caesareum di P. Apianus, il Theatrum orbis terrarum di Ortelio, una copia del quale Ricci regalò all’imperatore, la Humani corporis fabrica di Vesalio e la Biblia poliglotta di Anversa, insieme ad altre decine di preziose cinquecentine, rilegature artistiche, incisioni su rame e modelli in scala della Roma antica e rinascimentale, strumenti musicali, macchine leonardesche e dispositivi meccanici, congegni per la misura del tempo e dello spazio, nonché pezzi di arredamento tardo rinascimentali e i famosi arazzi su cartone di Raffaello, attualmente conservati presso la Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, a ricostruire l’ambientazione tipica dei palazzi italiani di fine ‘500.

 La seconda parte della mostra illustra il mondo che Matteo Ricci trova in Cina al suo arrivo e ricostruisce, attraverso documenti originali e oggetti d’epoca cinesi, il “viaggio”, ossia l’esperienza di incontro, dialogo e comunicazione compiuta da Ricci e dai suoi interlocutori cinesi da Macao (primo approdo) a Pechino, dove è tuttora conservata la tomba del grande pioniere. Le opere cinesi esposte evocano gli aspetti fondamentali della civiltà cinese con i quali Ricci si è misurato, la lingua e la scrittura, la produzione libraria, le tre grandi religioni (confucianesimo, buddismo e taoismo), le opere prodotte da Ricci e dai suoi amici in Cina, libri, carte geografiche, strumenti scientifici. Un accento particolare viene posto sulla vita e sulla comunità dei letterati cinesi, dalla quale Li Madou fu accolto e riconosciuto maestro. Preziosi oggetti in oro e giada evocano il fascino della corte di Wanli, nella quale il letterato straniero ebbe libero accesso. In mostra anche un dipinto che i cinesi attribuiscono allo stesso Ricci raffigurante un paesaggio con bosco nei dintorni di Pechino. Questo evento, unico nel suo genere e finalizzato a comporre una visione complessiva della figura e dell’opera del grande gesuita, è realizzato dalla Regione Marche, nell’ambito del Comitato promotore delle Celebrazioni del IV Centenario dalla morte di padre Matteo Ricci., con il supporto di Svim spa. L’organizzazione generale della mostra nelle tre tappe di Pechino, Shanghai, e Nanchino è di MondoMostre. Biografia breve

Matteo Ricci nasce a Macerata nel 1552, dove compie i primi studi umanistici sia in casa sia nel collegio dei Gesuiti istituito pochi anni prima a Macerata. Fino a sedici anni trae linfa per la formazione della sua mente, della sua affettività e del suo sguardo sul mondo, dalla terra e dalla cultura che gli ha dato i natali. Inviato dalla famiglia a Roma nel 1568 per iniziare la facoltà di diritto alla Sapienza, entra nel 1571 nella Compagnia di Gesù, studiando nel Collegio Romano, dove trova come maestro il celebre matematico Cristoforo Clavio. Ancora studente di filosofia, nel 1577 viene assegnato alle missioni dell’India. Dopo quattro anni in India viene chiamato a Macao per studiare la lingua cinese e prepararsi a tentare l’impresa della Cina. Nel settembre 1583 entra nella città di Zhaoqing, dove fonda la prima residenza. In diciotto anni di faticosissima ascesa verso la corte imperiale apre altre tre residenze, finché non viene chiamato a Pechino con decreto imperiale a presentare doni quale ambasciatore d’Europa. Dal 1601 vive a Pechino protetto dall’imperatore, che tuttavia non poté mai incontrare, producendo le sue opere cinesi più importanti. Alla sua morte, avvenuta nel 1610, l’imperatore concesse, per la prima volta nella storia della Cina, un terreno per la sepoltura di uno straniero.

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