Quarant’anni fa, nel cuore del Canton Ticino, a Lugano, crocevia geografico tra Svizzera e Italia, Nord e Sud dell’Europa, si realizzò un piccolo miracolo culturale di cui buona parte dell’opinione pubblica ha perso memoria. Un gruppo d’ingegni d’altissimo livello, esperti di scienze «altre» rispetto a quelle dominanti, intellettuali controcorrente, spesso ostracizzati dagli ambienti accademici dell’epoca, si raccolse attorno al carisma e al sapere di Elémire Zolla (19262002), per animare un’iniziativa coraggiosamente e dottamente «alternativa» ai venti del Sessantotto: l’Istituto Ticinese di Alti Studi (ITAS 19701973). Chi furono questi pensatori che avevano il culto della Tradizione, discutevano di musica sacra, letteratura, archeologia, critica all’Occidente, simbologia, esoterismo, magia alle pendici del monte Bré, tra le mura dell’Heleneum, la villa più cosmopolita del Ceresio? E chi fu veramente Elémire Zolla, cui Piero Citati attribuiva nel 2002 non una, ma almeno una decina di diverse identità? Un letterato, un giurista, un filosofo, un antropologo, un «guru» per piccole élite di intellettuali; un esoterista, un esteta, un sincretista religioso, un pontiere tra Occidente e Oriente? Quale fu il valore della proposta dell’ITAS, e qual è la sua attualità?E Lugano, sede storica di quell’esperienza, cosa può conservare dello spirito di quell’avventura e, più in generale, di uno spirito dei tempi che la portò a essere un privilegiato luogo di accoglienza culturale (si pensi fra i tanti a Hesse, a Benedetti Michelangeli, a Prezzolini), mentre mette in cantiere il proprio futuro culturale?
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