Concerto Inaugurale
67ª STAGIONE SINFONICA
ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI
Giovedì 27 ottobre ore 21
Sabato 29 ottobre ore 17
Direttore, Corrado Rovaris
Violino, Valeriy Sokolov
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Brahms Concerto per violino e orchestra op. 77
Brahms Sinfonia n. 1 op. 68
Corrado Rovaris, direttore musicale dell’Opera di Philadelphia e collaboratore regolare delle maggiori istituzioni musicali italiane ed estere, è ormai beniamino del nostro pubblico. Proprio a lui i Pomeriggi affidano un programma brahmsiano di grande appeal che aprirà una stagione ricca di novità e di ottima musica.
L’innovativo (per l’epoca) e al tempo stesso lirico Concerto per violino è affidato al talento straripante di Valeriy Sokolov, ucraino classe 1986 vincitore di numerosi premi importanti, mentre la drammatica e intensa Sinfonia n.1 ci sarà riproposta con la consueta profondità interpretativa alla quale il maestro bergamasco ci ha, ormai da tempo, abituati.
Il concerto è uno dei dieci in programma per La Musica è giovane. La rassegna che porterà sul paco del Teatro Dal Verme tanti interpreti tra i venti e i trent’anni, provenienti da diverse parti del mondo, che nonostante la giovane età vantano carriere folgoranti, calcano i più prestigiosi palcoscenici internazionali, interpretano i grandi classici del solismo o dirigono formazioni storiche.
Con questo concerto si aprirà il ciclo di prove generali del giovedì mattina alle 10 condotte dal musicologo Andrea Cavuoto e aperte alle Scuole Medie Inferiori e Superiori. Un’ occasione per i ragazzi di ascoltare e vivere da vicino l’emozione della grande musica.
BIGLIETTI
Interi: Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla 30) € 19,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla 40) € 13,50
Balconata € 10,00
Ridotti : Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla fila 30) € 15,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla fila 40) € 11,50
Balconata € 8,50
INFORMAZIONI PER IL PUBBLICO
Fondazione I Pomeriggi Musicali: Tel 02 87905
BIGLIETTI IN VENDITA PRESSO
Biglietteria Ticket One – Teatro Dal Verme
Via San Giovanni sul Muro, 2 – Milano – Tel. 02 87905201
Introduzione a cura di Ivan Fedele:
La Stagione Sinfonica 2011/12 dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali offre al nostro affezionato ed esigente pubblico un repertorio accattivante per autori, stili e periodi musicali secondo letture e tracce che privilegiano, com’è sua tradizione, una qualità musicale d’eccellenza sia nella scelta degli artisti che nella formulazione dei programmi.
Come promesso all’inizio della mia direzione artistica, il baricentro storico della programmazione è stato spostato verso epoche più recenti, collocandolo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Accanto alle opere dei grandi maestri dei periodi classico, romantico e tardo-romantico legate tra loro da fili rossi come quello “slavo” Dvořák-Čajkovskij (con l’estensione neoclassica a Prokof’ev), oppure quello “austro-tedesco” Mozart-Haydn-Beethoven-Brahms (con l’estensione pre-dodecafonica al giovane Schönberg di Verklärte Nacht), il nostro pubblico avrà modo di approfondire la conoscenza del Novecento storico italiano, francese, americano e ungherese (Bartók).
Questo e tanto altro da scoprire e da gustare insieme, in una stagione che si preannuncia intensa di emozioni da J. S. Bach a G. Ligeti.
A voi tutti il mio più cordiale saluto e augurio di buon ascolto
Guida all'ascolto di Edgar Vallora
Grande estate quella del 1878: in pochi mesi nasce infatti il Concerto per violino, primo ed unico nella letteratura brahmsiana, considerato un capolavoro nel repertorio solistico di questo strumento. Si ha notizia infatti che alla fine d’agosto – era la seconda estate che Brahms trascorreva nel villaggio di Porschach, in Carinzia – i quattro movimenti del Concerto erano ormai completati (l’Op.77 presentava infatti quattro movimenti, compreso uno Scherzo successivamente abolito). (Due parole a proposito del pittoresco villaggio in Carinzia, e della sua atmosfera “rigenerante”. “Montagne bianche di neve, – scrive Johannes all’amico Billroth – il lago azzurro, gli alberi ricoperti di un tenero verde…. Nessuno potrebbe darmi torto a non voler più andare da questo posto”).
Sul piano musicale va detto innanzitutto che l’Op.77 è stata letta – da sempre – come “il sigillo apposto all’amicizia con il violinista Joachim”: un’amicizia che, seppure turbata da qualche screzio, durerà tutta la loro vita. Brahms era talvolta poco sicuro della tecnica violinistica (strumento amato ma non così familiare) per cui fece costante riferimento a questo illustre amico-consigliere. Lo scambio di lettere e manoscritti fra i due artisti movimentò l’intero periodo di Porschach. Poi, alla fine dell’estate, il compositore ritenne indispensabile un consulto di persona; così i due amici si trovano a Portschach nella speranza di risolvere certi passaggi tecnici ancora problematici (passi non adatti al violino, posizioni scomode, colpi d’arco non naturali). E così, fino alla prima esecuzione (anzi, fino al giorno della pubblicazione), i due artisti continuarono a scambiarsi pareri e confidenze. (Da notare che Brahms tenne in ben poco conto i suggerimenti del violinista e si mostrò decisamente riluttante a “toccare” la parte del solista).
Nonostante le consulenze tecniche e l’appoggio di Joachim, nei primi anni di vita il Concerto fu giudicato “ineseguibile”. Oltre alle difficoltà tecniche (soprattutto “quel perdurante impaccio di specie pianistica nel trattare il violino”…) esistevano altre insidie, più subdole ancora: difficoltà a livello di comprensione, di comunicazione, di interpretazione (di cui l’opera di Brahms soffrì in molti paesi, particolarmente in Francia). Solamente nel Novecento l’Op.77 si è imposta come una delle opere più popolari di Brahms e più significative del repertorio violinistico: a pari livello dei Concerti di Beethoven, di Mendelssohn e di Caikovskij.
Le sofferenze del Concerto sembrano incomprensibili al giorno d’oggi: soprattutto quando si riflette sull’effettiva conquista di questo capolavoro, una poesia facile e distesa, espressa sempre attraverso
linee morbide, pure e melodiche. Questo lato amabile, affabile, “femminile” nel senso più nobile del termine, lo si può leggere in tutti i tre tempi in cui il Concerto è strutturato.
L’Allegro iniziale, impostato in forma-sonata, rappresenta un movimento imponente e complesso, di grande respiro sinfonico: tre i temi sviluppati dal solista, tre i grandi assoli del solista. L’Adagio, strutturato in forma tripartita, possiede una “carica estatica” che ha incantato tutti i commentatori: un limbo insondato di luce zenitale nel quale il violino compie mirabolanti evoluzio-ni senza turbare questo quadro senza ombre. Impostato sul modello beethoveniano è invece il Finale, brano inequivocabilmente sinfonico: un travolgente gioco “alla pari”, tra solista e orchestra, che mostra un lato caratteristico di Brahms, quello di cultore di musiche popolari. Il tema, nel suo slancio trascinante, è presentato dal violino: tema vivace, brillante, dal piglio eroico e rude insieme, con un sapore tzigano che sarebbe stato apprezzato da Haydn. La Coda concitata, resa ebbra da un’ultima modifica nel ritmo, concorre al trascinante successo dell’opera.
Il Concerto fu presentato il 1° gennaio 1879 al Gewandhaus di Lipsia, nell’interpretazione dello stesso Joachim, sotto la direzione di Brahms. La novità della concezione brahmsiana, che superava un’impronta prettamente virtuosistica a favore di un’integrazione (più matura e più difficile) tra solista e orchestra, evidentemente lasciò sconcertati pubblico e critica.
Abbiamo notizia invece di una leggendaria esecuzione: quella del maggio 1880, ancora con Joachim come solista. Occorre sapere che a Bonn era stato costituito un comitato per la realizzazione di un monumento alla memoria di Schumann. I festeggiamenti erano iniziati il 30 aprile alla stazione di Bonn quando il comitato, guidato da Brahms, aveva dato il benvenuto a Clara Schumann e ai suoi bambini; mentre il 2 maggio giunsero tutti i vecchi amici di Schumann. Sfilano le delegazioni, si depongono fiori sulla tomba. Discorsi, cori; poi, per la sera, i manifesti di un “Grande Concerto”. In apertura Brahms dirige la “Renana” del compositore commemorato, Joachim presenta le musiche di scena del “Manfred”; infine – pezzo forte della serata – Brahms e Joachim si uniscono simbolicamente nel Concerto Op.77. Trionfo assoluto: applausi che sembrano non terminare, fiori che sommergono il palco. Anche perché – a detta di tutti i musicisti presenti – quella restò una delle migliori interpretazioni nella vita di Joachim.
Alcuni giochi di parole di critici e interpreti. Recensore contemporaneo: “Sinfonia con violino obbligato”. Von Bulow: “ Concerto contro il violino”. Hubermann: “Concerto fra violino e orchestra, in cui alla fine vince l’orchestra”.
Nel 1876 un nuovo capolavoro viene ad arricchire la storia della musica: dopo vent’anni di attese, di riflessioni, paure e inibizioni, Brahms considera “licenziata” la sua Prima Sinfonia (ovvero la “Decima”, nella retorica definizione di Hans von Bulow, con evidente allusione alle nove Sinfonie di Beethoven). Ecco comparire la Sinfonia che Schumann aveva preannunziato nel profetico articolo del 1853; l’opera che tutti – amici e detrattori – attendevano da anni e che molti già conoscevano attraverso le infinite audizioni avvenute nel corso della gestazione.
Per tanti tanti motivi si avverte che è un’opera “massiccia”: concentrazione del pensiero di anni, lavoro intenso e spesso ingrato, straordinaria abbondanza di materiale tematico, complessità di
scrittura, scelta di un organico particolarmente sostenuto. Tutti, sostenitori e detrattori, si inchinano comunque dinanzi all’”eccezionale spessore” di tale partitura.
Ecco le date finali della Sinfonia. Nel giugno del 1876, dopo un soggiorno a Berlino in compagnia dell’amata Clara, Brahms sceglie come residenza estiva un luogo solitario e tranquillo, Sassnitz, in un’isola deserta del mare del Nord. Fu qui che l’autore ritrovò lo stesso cielo, la terra, il suo mare; nonché quel dialetto tedesco che era stata la rude parlata del padre; fu qui che affrontò la stesura definitiva di gran parte della Sinfonia.
Doveroso un cenno sul legame Beethoven-Brahms, legame che avuto origine dall’incauta espressione di von Bulow e che per decenni ha generato equivoci nel giudizio obiettivo della Sinfonia. Il raffronto “fatale” con Beethoven, l’intenzione – più o meno consapevole – di creare un pendant della Nona imposero all’autore un particolare attenzione all’elemento tematico e alla forma, che Brahms cercò di orientare nel senso di musica “pura”. Dal confronto con questo difficile modello ebbero origine molte scelte brahmsiane: come l’intensificazione del lavoro tematico o l’adozione di tecniche strutturali inedite. In effetti la Sinfonia riprende per certi versi quel processo di “lievitazione interna” già conosciuto nel linguaggio beethoveniano: processo che muove dalla tensione del primo movimento, che passa attraverso intermezzi più neutrali, per spingersi infine verso la catartica liberazione del Finale. Quello che appare intrinsecamente diverso è il “linguaggio” di Brahms, ricco di inedite modulazioni e calato in una dimensione complessiva nuova, più lirica che drammatica. Insofferente per natura ad ogni accento magniloquente, attento a una minuziosa elaborazione tematica che pare riagganciarsi alla polifonia barocca, Brahms concentra la sua attenzione sul sovrapporsi di vari elementi tematici e dei loro legami interni.
Quattro i movimenti. Se il primo tempo vive in un miracoloso equilibrio di tecnica e di ispirazione a pari livello, l’Andante – quella pausa di riflessione più interiorizzata – è un movimento da più parti giudicato “debole”. Conserva comunque il disteso, serafico andamento lirico proprio degli intermezzi brahmsiani. Quieto e garbato buonumore lo si trova anche nel terzo movimento, “Un poco Allegretto in forma di Scherzo”. A quel punto irrompe il monumentale Finale, culmine della Sinfonia, diviso in tre sezioni. Prima un Adagio, un’introduzione solenne, cupa, ieratica; quindi un Andante, anch’esso grandioso ed enigmatico, e infine l’Allegro vero e proprio. Sovrabbondanza, complessità, ampiezza di respiro fuori dal comune sono i tratti caratteristici di questa celebratissima pagina.
Due commenti sulla Prima. Uno di un recensore contemporaneo: “ Vi ritroviamo, nostro malgrado, quelle ombre che si accompagnano alle facili luci: la mancanza di fantasia, l’assenza di fascino e di sensibilità, un ascetismo tetro che arriva all’insipidezza. Il suo linguaggio non ha perduto niente della rigorosa concisione, dell’elevatezza che contraddistingue Brahms; ma non ha neppure guadagnato un soldo in facilità, chiarezza e intelligibilità”.
Uno di un critico del nostro secolo. Quattrocchi: “Nonostante i legami col passato, la Prima non è opera di sterile epigonismo, e costituisce anzi un risultato del tutto inedito e proiettato verso il nostro secolo. Innovatrice è, innanzitutto, la tecnica di scrittura, che, applicando a una struttura in quattro tempi i principi di germinazione tematica già presenti nella Variazioni, dà luogo a una rete di sotterranee interrelazioni tematiche di straordinaria coerenza interna”.
Notizie sull’esecuzione. La “prudenza” nella presentazione pubblica fu pari alla cautela con cui il compositore si era avvicinato alla Sinfonia. Nel novembre 1876 l’orchestra granducale di Karlsruhe offre la prima esecuzione; era stato lo stesso Brahms, timoroso, a desiderare che la partitura fosse presentata in una città ben disposta e intelligente. L’esperimento conforta l’autore: tre giorni dopo, il 7 novembre, Brahms esordisce con la Sinfonia a Mannheim e pochi giorni dopo a Monaco, poi Vienna.
Ma la vera “prima”, quella emblematica, avvenne invece a Lipsia nel gennaio del 1877 e costituì uno dei primi successi riportati da Brahms in questa città. Parecchi amici si ritrovarono a Vienna: oltre a Clara Schumann, anche i due Joachim, i coniugi Grimm, gli Engelmann, i Simrock. Dopo il concerto gli amici si strinsero attorno a Brahms per un trionfale banchetto all’albergo “Hauffe”. Brahms visibilmente commosso.
Autoritratto di Edgar Vallora
Edgar Vallora (forse suggestionato da Gluck, ma senza riuscirvi) si è dedicato, trasversalmente, a tutto quanto lo appassionava: dalla ristrutturazione di case curiose, alla raccolta di Mirabilia e Naturalia, dalla creazione di “bacheche della meraviglia”, a libri in copia unica. In campo musicale ha stilato i cataloghi ragionati di tutte le composizioni di Mozart, Beethoven e Brahms (editi in Italia, dalla Casa editrice Einaudi; in Francia e in Spagna). Collezionista di lavori alternativi.
BIOGRAFIE
Corrado Rovaris, direttore d’orchestra
è direttore musicale della Philadelphia Opera Company dal 2005 e collabora regolarmente con le maggiori istituzioni musicali italiane ed estere. Ha diretto produzioni operistiche al Teatro alla Scala, al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, alla Fenice di Venezia, al Teatro Regio di Parma, al Teatro Regio di Torino, al Teatro Comunale di Bologna, all’ Opera di Francoforte, all’Opéra de Lyon, al Théâtre Municipal de Lausanne, alla Japan Opera Foundation, al Rossini Opera Festival, al Festival Pergolesi Spontini di Jesi, al Festival della Valle d’Itria, al Festival Monteverdi di Cremona, al Garsington Opera Festival, al Glimmerglass Opera Festival, al Sante Fe Opera Festival.
In ambito sinfonico ha collaborato con importanti realtà tra cui la Filarmonica della Scala, l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, l’Orchestre de Chambre de Lausanne, la Danish Radio Sinfonietta di Copenhagen, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, l’Orchestra Sinfonica “Giuseppe Verdi” di Milano, l’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, l’Orchestra “I Pomeriggi Musicali” di Milano.
Dopo il debutto ne Il filosofo di campagna di Galuppi – una produzione As.Li.Co. proposta al Teatro Comunale di Firenze e in vari teatri italiani – Corrado Rovaris si è dedicato principalmente al repertorio barocco, per poi avvicinarsi ad autori come Mozart, Haydn, Paisiello, Rossini, Donizetti, Bizet, Verdi, Puccini.
Nel 1997 ha debuttato con successo al Rossini Opera Festival, dirigendo Il signor Bruschino, per tornarvi nel 1998 con Otello. Al Teatro alla Scala ha diretto Un giorno di regno, Il barbiere di Siviglia, L’italiana in Algeri e Il signor Bruschino.
Tra gli impegni delle ultime stagioni segnaliamo: Simon Boccanegra al Santa Fe Opera Festival; L’italiana in Algeri alla Japan Opera Foundation di Tokyo; Aida, Die Fledermaus,Don Pasquale, Un ballo in maschera, Il barbiere di Siviglia, Le nozze di Figaro, La bohème, La Cenerentola, Falstaff alla Philadelphia Opera Company; una nuova produzione de I finti filosofi e Theatralische Abentheuer di Mozart/Cimarosa in prima esecuzione in tempi moderni al Teatro Pergolesi di Jesi; Il turco in Italia al Teatro Regio di Torino; Idomeneo di Strauss/Mozart al Festival di Martina Franca; La traviata ad Oviedo, La bohème al Santa Fe Opera Festival.
E’ stato al Teatro di Saint Louis per Una cosa rara di Martin y Soler e al Glimmerglass Opera Festival per Das Liebesverbot di Wagner. Ha diretto L'elisir d’amore al Santa Fe Opera Festival e Il prigionier superbo a Jesi. È stato impegnato in concerti sinfonici con l’Orchestra “I Pomeriggi Musicali” di Milano.
È stato protagonista al Rossini Opera Festival di Pesaro dirigendo Demetrio e Polibio, a Treviso con Entfuhrung aus dem Serail, a Trieste ha diretto il concerto di Natale e Requiem di Verdi e alcune nuove produzioni all’Opera Company di Philadelphia tra cui Tosca e Phaedra di Henze. Ha diretto La Salustia e La serva padrona al Festival Pergolesi Spontini nell'edizione appena passata. All'inizio del 2011 Corrado Rovaris è stato nominato Direttore Musicale e Direttore Principale di Artosphere, festival primaverile annuale presentato al Walton Arts Center e che ha interessato tutta la zona nord ovest dell'Arkansas.
Nei prossimi mesi – oltre a dirigere all’Opera Company di Philadelphia Die Entfuhrung aus dem Serail, Manon Lescaut e Carmen – dirigerà la prima rappresentazione spagnola di Ainadamar di Osvaldo Golijov ai Festival di Granada e Santander, La piccola volpe astuta e Il barbiere di Siviglia a Trieste, Peter Grimes ad Oviedo.
Nato a Bergamo, si è diplomato al Conservatorio di Milano in organo e composizione organistica sotto la guida di Benedetti e in clavicembalo con Emilia Fadini. Dal 1992 al 1996 è stato assistente del Maestro del Coro del Teatro alla Scala.
Valeriy Sokolov, violino
Valeriy Sokolov è nato nel 1986 a Cracovia, Ukraine. Nel 1999 ha vinto lo ‘Study Grant Prize’ al concorso internazionale Pablo Sarasate di Pamplona; questo riconoscimento gli ha fatto ottenere una borsa di studio alla Yehudi Menuhin School (Inghilterra) dove ha avuto modo di studiare con Natalia Boyarskaya. Nel 2005 ha ricevuto il ‘Grand Prix’ al concorso internazionale George Enescu con il concerto per violino di Beethoven vincendo inoltre il premio ‘Migliore esecuzione’ ed il ‘Premio Fondazione Enescu’ per la sua interpretazione della Sonata N° 3 del compositore rumeno.
Sokolov, sempre più richiesto per le sue straordinarie interpretazioni di alcune delle più impegnative opere del repertorio violinistico, ha debuttato nella stagione 2010-2011 con la Philharmonia Orchestra, Orchestre National de France, Orchestre de Paris, Chamber Orchestra of Europe, Royal Liverpool Philharmonic Orchestra, Royal Stockholm Philharmonic Orchestra, Orchestre National de Bordeaux Aquitaine and NDR Radiophilharmonie, e con orchestre a Oviedo, Cannes e Kuala Lumpur.
Nell’ottobre 2011 uscirà per EMI/Virgin la sua registrazione dei concerti di Bartók e Tchaikovsky realizzata Tonhalle-Orchester Zürich e diretta da David Zinman.
Ha lavorato con importanti e noti direttori d’orchestra quali Vladimir Ashkenazy, Ivor Bolton, Andrey Boreyko, Susanna Mälkki, Yannick Nézet-Séguin, Peter Oundjian, Vasily Petrenko, Kwamé Ryan, Hubert Soudant, and Yan Pascal Tortelier.
I sui recenti programmi includono debutti con la Rotterdam Philharmonic Orchestra, la Tokyo Symphony Orchestra, la Mozarteumsorchester, la Deutsche Kammerphilharmonie Bremen, the Cleveland Orchestra e la Hallé.
È invitato regolarmente come solista al Théâtre du Châtelet di Parigi, alla rassegna “Grands Interprètes” dell’ Auditorium di Lione ed alla Wigmore Hall di Londra. Si è inoltre esibito nei festival di Verbier, Gstaad, al Kissinger Sommer (Lockenhaus), Festival musicAmuseo di Ravenna e recentemente ha tenuto il suo primo concerto al Lincoln Center di New York, alla Festspielhaus di Baden-Baden e a Vancouver e Hong Kong.
Quale raffinato camerista, Valleriy collabora regolarmente con pianisti come Kathryn Stott, Evgeniy Isotov e Igor Levit; ed i violoncellisti Leonid Gorokhov e Maximilian Hornung.
Nel febbraio 2008 ha eseguito in prima assoluta americana il Concerto per pianoforte e violino di Boris Tichenko alla Carnegie Hall.
La a sua straordinaria esecuzione live del Concerto di Sibelius con la Chamber Orchestra of Europe diretta da Vladimir Ashkenazy, è stata recentemente pubblicata su DVD Idéale Audience.
Il noto musicologo-documentarista Bruno Monsaingeon gli ha dedicato un intero film, “Un violon dans l’âme/Natural Born Fiddler”, molto acclamato dalla critica e frequentemente trasmesso su ARTE TV.
Valeriy Sokolov è generosamente supportato dalla Fondazione Accenture, nell’ambito del loro progetto dedicato ai giovani musicisti.
supportato dalla Fondazione Accenture