LANDSCAPE FESTIVAL – I MAESTRI del PAESAGGIO 2020 FRAGILE, maneggiare con cura di PINA INFERRERA

LANDSCAPE FESTIVAL – I MAESTRI del PAESAGGIO 2020
FRAGILE, maneggiare con cura
di
PINA INFERRERA
dal 5 al 30 settembre, apertura sabato e domenica ore 10/13 – 15/18
vernissage
DOMENICA 6 SETTEMBRE ORE 18,00
SALA VISCONTEA, ORTO BOTANICO “LORENZO ROTA”, PASSAGGIO TORRE DI ADALBERTO, CITTA’ ALTA, BERGAMO
presentazione di
CRISTINA GILDA ARTESE, GABRIELE RINALDI, PAOLA SUARDI
CONFERENZA SU TEMI AMBIENTALI con Phoresta Onlus
PERFORMANCE MUSICALE di Fabio Bussola a cura di Simone Prandin
Cristina Gilda Artese, curatrice e direttore artistico di Gilda Contemporary Art, Paola Suardi, titolare di
Alterego Comunicazione, Gabriele Rinaldi, Direttore dell’Orto Botanico,
presentano la mostra di opere fotografiche dal titolo FRAGILE, maneggiare con cura.
Tema centrale della ricerca di Pina Inferrera è l’uomo ed il suo rapporto con la natura e l’ambiente
antropizzato. Le immagini del progetto “FRAGILE, maneggiare con cura” si riferiscono alla delicatezza e
all’impalpabilità degli equilibri che regolano il rapporto con la natura e l’ambiente, ma ancor più alla
fragilità dell’essere umano nel relazionarsi con se stesso e l’altro.
Seguirà un incontro fra l’associazione Phoresta Onlus e il Direttore dell’Orto Botanico in cui si parlerà di
inquinamento e covid-19, della “relazione” air pollutants/covid-19 e della necessità di cambiare la
mobilità e ridurre l’uso dei mezzi di trasporto a combustione fossile.
Saranno presenti il dott. Carlo Manicardi, presidente di Phoresta Onlus, l’Ingegner Carlo Coluccio, esperto
di mobilità sostenibile ed energie rinnovabili, e Simonetta Nepi che cura la comunicazione.
Infine Simone Prandin direttore di Zero Crossing Records, presenterà la performance del musicista di
chitarra classica, talento pluripremiato, Fabio Bussola.

Il progetto “FRAGILE, maneggiare con cura” è costituito da dodici opere fotografiche, stampe giclèe su carta
cotone Fine Art, timbrate Digigraphie, 5 ed. + 2 p.a. formato 60 x 90 cm, firmate e numerate con certificato di
autentica, si prestano a formare dittici o trittici.
“La ricerca di Pina Inferrera negli anni, ed in particolare da quando ha iniziato a prediligere la fotografia come
media espressivo principale, è sfociata in immagini sempre più rarefatte e delicate, raggiungendo in ogni caso
efficacia simbolica. Proprio a dimostrazione del fatto di come non vi sia bisogno di gridare per farsi ascoltare
Inferrera racconta nei suoi paesaggi intimistici la comunione degli elementi naturali: dell’aria, della terra,
dell’acqua, sui quali regna regista assoluta la luce. La rarefazione della messa a fuoco, la tecnica della
sovraesposizione, il gioco dei riflessi, hanno reso nel tempo le sue opere sempre più delle mappe di codici
dell’animo da decifrare, perdendo la connotazione del racconto di un luogo e di un tempo, e casomai
rappresentando uno stato emotivo. Sono diventati racconti di uno stato dell’essere, di un sentire individuale, che
come avviene in letteratura con la migliore poesia, si tramuta in sentimento universale. Nella recente serie
Ramificazioni, dove i rami si intrecciano all’infinito divenendo ragnatele e reti raccoglitrici di ricordi e di emozioni,
lo sguardo si perde alla ricerca di un percorso, di una via d’uscita, come in un avvilupparsi interminabile di pensieri.
Nelle sue ultime opere della serie Fragile, maneggiare con cura Inferrera affronta la tematica della fragilità degli
esseri viventi nella dimensione del sublime. Le prime opere della serie hanno avuto origine nell’autunno del 2019.
L’artista è partita da scatti eseguiti in Trentino in un contesto naturalistico affascinante ma austero, con
l’incombenza e presenza prepotente delle montagne che imperano. In quel contesto naturalistico per certi versi
estremo seppur relativamente vicino ad aree urbane, elementi vegetali delicati e spontanei sono diventati
metafora di una fragilità unica e preziosa. Rami, parti di piccoli arbusti, minuscoli fiori, si sovrappongono perdendo
totalmente la loro direzione spaziale e diventano parte di un’unica placenta sottile e trasparente. Al punto tale che
diventa presso che impossibile identificarne la specie o anche solo la categoria. A quel punto l’essere vegetale
diventa più genericamente una entità biologica e materia organica ed un totem spirituale. Difficile connotare
l’oggetto raffigurato nella categoria delle sole piante in quanto potrebbe essere più genericamente qualificabile
come un’unione di cellule, di molecole, di materia. La materia raffigurata da Inferrera si è trasformata ed aleggia in
quello stadio delicato e provvisorio dello stato di passaggio. Dell’essere per non essere. Un vegetale che è spirito e
pensiero. Questa la fragilità cui allude l’Inferrera: la delicatezza dell’essere che sta mutando, che è in transizione.
Nella mutazione tutti gli esseri viventi vivono un preciso momento di fragilità: abbandonano uno stato per
ritrovarsi in un altro. Da lì il “maneggiare con cura”, il rispettare i tempi e la condizione, per non perderne l’intima
ed assoluta bellezza. Tutti gli esseri viventi, sia del mondo vegetale, sia del mondo animale, non sono mai uguali a
se stessi: attimo dopo attimo mutano, si trasformano, muoiono e si rigenerano. Sopravvivono e resistono a
qualcosa e si lasciano morire dinnanzi a ad una altra forza o energia. Abbandonano uno stato per ritrovarsi in un
altro. Una mutazione chimica, biologica, alchemica continua ed incessabile, che è sintomo talvolta di caducità ma in
molti altri casi è prova di resistenza adattiva nel tempo. Ogni opera di Fragile, maneggiare con cura rappresenta
una sorta di haiku visivo: evanescente, allusivo ma incisivo. Osservando alcuni di questi lavori, mi sono ricordata di
un haiku in particolare, in verità assai famoso, di FukudaChiyo-ni che tratta di un fiore noto e citato sia nelle arti
figurative (in particolar modo nelle stampe del mondo fluttuante o ukiyo-e), sia nella letteratura giapponese,
l’asagoo ( il cui significato è “ volto del mattino”). Si tratta in termini botanici del convolvolo, un fiore a campanula
delicato e precario, che dura un giorno solo, ma la cui pianta rampicante si aggrappa tenacemente tanto da
diventare una delle infestanti più temute dai giardinieri, in quanto inestirpabile.” Cristina Gilda Artese

Brevi note biografiche di Pina Interrera
La ricerca artistica di Pina Inferrera è rivolta alla identificazione della realtà circostante con l’intento di indagare
l’uomo e il suo habitat. Spazia dall’osservazione della natura e l’ambiente, all’analisi di reperti. Ha sperimentato
varie possibilità espressive: video, installazioni, scultura, fotografia. Adoperando scarti industriali ha realizzato
opere site-specific dalle dimensioni imponenti capaci di ridisegnare lo spazio. Ha usato materiali innovativi che
negli anni ‘80 ha definito “La Natura creata dall’uomo”. La fotografia è il mezzo privilegiato, e pur partendo
dall’osservazione obiettiva della realtà, non rinuncia alla poeticità della visione. Le sue immagini si muovono fra
reale e surreale in una natura incontaminata in cui l’uso particolare della luce suggerisce uno spazio spirituale. La
sua aspirazione è di condividere un percorso del contemporaneo esaminando e mettendo a fuoco problematiche
ambientali e lo stato d’animo esistenziale riconducibile allo Stimmung descritto da Heidegger. L’interesse verso la
natura altro non è che una visione dell’uomo come parte intrinseca della natura stessa, una visione panteistica che
immagina la spiritualità come la diretta conoscenza ed esperienza dell’universo

 

 

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