23 ottobre – 2 novembre 2014
Sala Grande
DIARIO DEL TEMPO: L’EPOPEA QUOTIDIANA
prima parte in due atti
uno spettacolo scritto e diretto da Lucia Calamaro
con (in ordine di apparizione):
Federica Santoro Roberto Rustioni Lucia Calamaro
disegno luci di Gianni Staropoli
realizzazione pittorica di Marina Haas
assistente alla regia Elisa Di Francesco
direttore tecnico Andrea Berselli
ufficio stampa Roberta Rem, Amelia Realino
in collaborazione con PAV e Rialto Sant’Ambrogio
e con la partecipazione del Teatro Franco Parenti
si ringraziano: Daniela Piperno, Davide Grillo, Alessandra Cristiani, Teatro Mengoni di Magione
Una produzione Teatro Stabile dell’Umbria – Teatro di Roma
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Un altro racconto teatrale di Lucia Calamaro, a poco meno di due anni di distanza dal Premio Ubu del dicembre 2012 che ha riconosciuto al suo “L’Origine del Mondo” il “Premio per il Nuovo testo italiano o ricerca drammaturgica”, il “Premio come Miglior Attrice protagonista a Daria Deflorian” e il “Premio come Miglior Attrice non protagonista a Federica Santoro”.
Anche in DIARIO DEL TEMPO: L’EPOPEA QUOTIDIANA – prima parte in due atti, la scrittura di Lucia Calamaro muove da una donna, Federica, interpretata da Federica Santoro, ma per la prima volta in un suo lavoro entra in scena un uomo, Roberto, interpretato da Roberto Rustioni e c’è un terzo personaggio, Lucia, interpretato dall’Autrice.
Con il sottotitolo:prima parte in due atti, l’Autrice ci dice come la Storia che ci sta raccontando è aperta: un’epopea quotidiana di persone comuni, che può tentare trame diverse e tornare indietro più volte per cercare altre vite parallele, con un andamento seriale, libero di seguire esperienze e ricadute di tre solitudini.
Federica, quarantenne senza lavoro, vive sola e parla con sé, dentro di sé. Suo è il TEMPO, vuoto, di questo DIARIO, sua L’EPOPEA che vive ogni giorno per riempire quel tempo. I suoi comprimari, l’amico Roberto, un precario in part time e Lucia, che fa sporadiche supplenze di educazione fisica, non sono a contrasto. La fatica di non riuscire a vivere pesa su tutti e tre che pure, come è nello stile della Calamaro, a tratti sono buffi e, sebbene stretti nei limiti di una situazione che appare senza sbocchi, sfuggono a qualsiasi etichetta.
Dalle note di Lucia Calamaro sul testo:
Primo movimento di un trittico che sceglie come protagonista una quarantenne disoccupata, Federica, e i suoi interlocutori precari, a immagine di una generazione sospesa, perennemente in difficoltà socio-esistenziali, istituzionalmente inesistente. Federica, e con lei Roberto e Lucia, incarnano in parte quella generazione impantanata, immobilizzata, tenuta a bada, spaesata, sottovalutata, insomma: tradizionalmente disoccupata. Generazione che andrebbe saltata ma esiste. Vivacchia, resiste e malgrado il contesto la neghi, campa arrovellata e solitaria, in attesa di se stessa, di un suo rivelarsi di cui non si conosce la scadenza. Di poter succedere. Di accadere.
Quando si è disoccupati il flusso del tempo rallenta e scorre in altrove più intimi, obbligatoriamente più solitari. Nella solitudine di un continuum esistenziale dove poco o niente accade, occupare il tempo è una difficoltà, uno scopo in sé. Sentirsi esistere non è scontato: in assenza di contesto, l’Io fatica a definirsi e a riconoscersi. Il senso di essere umani cambia, viene schiacciato e compresso, ma nello stesso tempo acquista un nuovo volto, mostrando a tutto il mondo là fuori la propria testarda intelligenza.
Dalle note di Lucia Calamaro sullo spettacolo:
- FORMA
Diario del tempo, il nome lo svela, è un continuum mentale che, occasionalmente, qui si mette in scena e si avvicenda e che per chi guarda comincia qui, ma che per me non finisce mai. La scrittura si interrompe perché il tempo scenico ha i suoi limiti anche se tutto potrebbe continuare.
La possibilità di una storia parlata. Questo mi interessa. Perché è nella continuità, anche minima, che si riesce ad abbozzare un racconto del presente.
È un affresco, ha quel suo carattere diluito. La parola la fa da azione e da relazione.
Somiglia a una concertazione di voci, i personaggi sono come non mai “lalangue”.
- FONDO
C’è un punto di vista a priori che inquadra i soggetti protagonisti rispetto al loro essere “DISOCCUPATI” – nell’accezione comune tecnico-lavorativa – e ne analizza la consequenziale posizione metafisica rispetto al mondo. Una posizione isolata, slacciata, senza contesto, difficile da abitare. Forzatamente riflessiva. Assediata da un tempo che rallenta, che bisogna lasciar passare, lasciar perdere e sistematicamente occupare a forza di volontà. Un’umanità in fondo forte, cocciuta, incaponita, intelligente ma che non ha un lavoro, e la cui abilità maggiore, a partire da un certo momento, consisterà nell’occuparsi le giornate. Per non impazzire. Per non perdersi del tutto. Per continuare ad esistere nonostante il FUORI cerchi sistematicamente di cancellarla. - LUOGO
Un palazzo romano qualsiasi, con l’estensione inevitabile al suo pratone specifico, in questo caso Caffarella, e alla sua stazione più vicina, Ostiense. - PERSONAGGI
La disoccupata cronica (Federica Santoro), l’impiegato obbligato al part time (Roberto Rustioni), la supplente di ginnastica a vocazione laico-intellettuale (Lucia Calamaro).
Prezzo
intero €32; over60 €18 ;u nder25 €15; convenzionati €22,50
Orari
giovedì h20.30; venerdì h20.15; sabato h19.30; domenica h15.30; lunedì riposo;
martedì h20.15; mercoledì h19.30
Info
biglietteria@teatrofrancoparenti.it
Tel : 02 59 99 52 06
Fb : http://www.facebook.com/teatrofrancoparenti